Due romanzi ambientati nelle desolate e selvagge terre del Nord. Due romanzi scritti da due autori le cui opere sembrano spesso incrociarsi e completarsi. Entrambi di inizio ‘900, James Oliver Curwood e Jack London regalano a distanza di quasi 1 secolo pagine di avventura introspettiva che hanno come protagonista il re di quelle terre: il lupo.
“Sulla sua roccia di ghiaccio, aggrinzando le labbra scoprì le zanne bianche come latte. Un brontolio gli si raccolse nella gola,e , accosciato egli si rizzò."
In realtà entrambi i protagonisti di “Saetta” e “Il richiamo della foresta” non sono lupi al 100%. Dopo 20 generazioni, un nuovo incrocio tra cane e lupo fa sì che entrambi siano i più maestosi e possenti della loro razza. Quel lontano richiamo rappresenta il filo conduttore di entrambe le storie. Solo che scopriremo essere un incastro di opposti.
Saetta, ritto sulla sua roccia di ghiaccio, sapeva così poco della goccia di cane c’era in lui. Ma, fra i misteriosi lamenti e gemiti vaganti in alto nell’oscurità fra lui e il cielo, la voce del gran danese morto da quasi un quarto di secolo, tentava di farsi comprendere. Nelle notti scure dell’inverno artico, alla guida del branco a caccia di renne o nella feroce lotta contro l’orso polare lui era lupo. Il richiamo di una giovane cagna scozzese cambierà però il suo modo di vedere l’uomo e il suo ruolo.
Lo stesso uomo che brutalmente costrinse Buck al lavoro forzato di cane da muta per l’estasi dell’oro che contagiava i cercatori di quel secolo. Inizialmente cane di compagnia nelle calde campagne californiane, sente risorgere sempre più dal profondo quel sacro richiamo inesorabile verso il selvaggio. Dovendosi conquistare un posto tra i suoi “simili”, apprende in fretta che la pietà si addice a climi più miti e dopo la sua prima battaglia
Saetta, ritto sulla sua roccia di ghiaccio, sapeva così poco della goccia di cane c’era in lui. Ma, fra i misteriosi lamenti e gemiti vaganti in alto nell’oscurità fra lui e il cielo, la voce del gran danese morto da quasi un quarto di secolo, tentava di farsi comprendere. Nelle notti scure dell’inverno artico, alla guida del branco a caccia di renne o nella feroce lotta contro l’orso polare lui era lupo. Il richiamo di una giovane cagna scozzese cambierà però il suo modo di vedere l’uomo e il suo ruolo.
Lo stesso uomo che brutalmente costrinse Buck al lavoro forzato di cane da muta per l’estasi dell’oro che contagiava i cercatori di quel secolo. Inizialmente cane di compagnia nelle calde campagne californiane, sente risorgere sempre più dal profondo quel sacro richiamo inesorabile verso il selvaggio. Dovendosi conquistare un posto tra i suoi “simili”, apprende in fretta che la pietà si addice a climi più miti e dopo la sua prima battaglia
“Buck si fermò e ristette a guardare, campione vincitore, bestia primordiale dominatrice:
aveva ucciso e ne aveva tratto piacere."
aveva ucciso e ne aveva tratto piacere."
In entrambi in racconti la lotta dei sensi, degli istinti e del sangue delle generazioni passate dominano i due protagonisti; specchi dell’eterna rivalità tra civiltà e natura, retaggio e novità, abitudine ed istinto.
“L’antico desiderio del nomade risorge ribellandosi alla catena delle abitudini;
l’istinto animale si ridesta dal suo letargo." [John Myers O’Hara]
l’istinto animale si ridesta dal suo letargo." [John Myers O’Hara]
Una sorta di inno alla libertà che nel caso di Jack London rappresenta, così come Martin Eden, una sua sorta di biografia dove la vita emerge come una continua lotta di conquista.
Due romanzi ideali in questo periodo dell’anno, da leggere la sera davanti al camino o magari in una foresta innevata!
Due romanzi ideali in questo periodo dell’anno, da leggere la sera davanti al camino o magari in una foresta innevata!
PS: se avete un cane, provate a leggergli qualche pagina. Il piccolo Lillo si è spesso lasciato coccolare da questi racconti mentre si addormentava sognando forse di avventure in terre selvagge...
N.
N.